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Affidamenti diretti: v’è un modo per aggirare l’aggiramento della legge?

L’attuale normativa sugli affidamenti diretti della pubblica amministrazione suscita diverse perplessità. 

La preoccupazione manifestata dalle Autorità preposte ai relativi controlli trova giustificazione nel fatto che la semplificazione burocratica e l’accelerazione delle procedure  rischiano di penalizzare alcune fondamentali garanzie, traducendosi nel vantaggio di pochi, anzi, di pochissimi eletti.

Si è deciso di avviare, pertanto, un primo esame riguardante lo “stato di salute” degli affidamenti diretti nel Comune di Gesualdo (AV), dove si svolge attività di opposizione consiliare.

La cornice normativa all’interno della quale va calata ogni valutazione –  per la verità un regime transitorio che durerà fino al 31 dicembre 2019 – consente agli amministratori di muoversi con maggiore facilità rispetto al passato, potendosi ora affidare lavori in via diretta senza la consultazione di alcun operatore economico quando l’importo dei lavori è inferiore o pari a 40.000 euro; previa consultazione (ove esistenti) di 3 operatori economici, quando l’importo dei lavori è compreso tra i 40.000 e i 150.000 euro; previa consultazione (ove esistenti) di almeno 10 operatori economici, quando l’importo dei lavori è invece compreso tra i 150.000 e i 350.000 euro.

La cosa rilevante da aggiungere però è che, indipendentemente dagli importi, il legislatore si è affrettato a precisare che: “L’affidamento e l’esecuzione di lavori, servizi e forniture […] devono comunque avvenire nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività, correttezza, libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, nonché nel rispetto del principio di rotazione, in modo da assicurare l’effettiva possibilità di partecipazione delle micro, piccole e medie imprese”.

Partiamo, allora, da quest’ultimo punto: il rispetto dei principi generali sopra richiamati.

Si segnala che, sotto questo profilo, i principi di libera concorrenza, di non discriminazione, di trasparenza e di pubblicità sembrano patire – nel Comune di Gesualdo – una qualche sofferenza.

Più esattamente: tranne che per determinati settori o per specifiche forniture, l’affidamento diretto inferiore ai 40.000 euro, riguardante competenze professionali ben definite, non è quasi mai preceduto dalla comunicazione preventiva di avvisi, manifestazioni di interesse o mirate indagini di mercato (che sono poi gli strumenti di garanzia cui ci si riferisce in concreto).

Stando infatti a quanto deciso con alcune recenti determinazioni comunali, si scopre che la procedura di affidamento diretto può essere articolata nei due seguenti passaggi:

  • Il cittadino munito di una competenza professionale offre un servizio al Comune, protocollando una domanda circostanziata, indicando un prezzo e allegando un curriculum.
  • Dopodiché, l’Amministrazione si accorge di aver bisogno proprio di quel servizio, dà per acquisita la domanda, valuta come congruo il prezzo offerto, valuta altresì come idoneo il curriculum allegato e procede al relativo affidamento.

Dato il brevissimo lasso di tempo che spesso intercorre tra la proposta avanzata dal cittadino interessato e l’accettazione della stessa da parte dell’Amministrazione (a volte tutto avviene nella medesima mattinata), sembra quasi che ci sia di mezzo il dono della chiaroveggenza. Il rischio che si corre in questo modo – superfluo quasi dirlo – è quello della “finzione amministrativa“.

Sembrerà strano, eppure la legge è chiara: o l’Amministrazione si assume la responsabilità di “scegliere” direttamente qualcuno, spiegandone il perché, motivandone le ragioni, in deroga ai principi di pubblicità, di libera concorrenza, ecc., oppure essa non può prescindere dal rispetto e dall’applicazione di quei medesimi principi.

Si avverte che le determinazioni amministrative, così come sono scritte, peccano di coerenza logica. Se nelle lunghe e motivate premesse si dice: visto e considerato che l’Amministrazione comunale ha bisogno di soddisfare tale particolare esigenza, e per avvalorare ciò ci si richiama magari a bisogni risalenti nel tempo, ci si aspetta poi – come naturale conseguenza – la pubblicazione logica di un avviso o di una manifestazione di interesse che consenta “ai figli di una stessa terra” (o di una stessa comunità) di partecipare equamente alla valutazione comparativa di un curriculum, da far valere semmai successivamente in virtù del “principio di rotazione”; non ci si aspetta certo che l’Amministrazione tiri fuori dal cassetto l’unica domanda protocollata poche ore prima, sia pure casualmente, legata ad un’esigenza pubblica che si sapeva già di dover soddisfare.

Libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza e pubblicità sono principi troppo preziosi per poter essere trattati con distrazione.

Un consiglio allora a chi ha molto studiato o molto si è applicato per raggiungere il livello di competenza di cui oggi gode e di cui va giustamente fiero: se egli non ha ancora perduto fiducia e speranza, protocolli in Comune la sua domanda ad insaputa del Comune stesso, indichi le sue esperienze, offra un servizio, proponga un prezzo di mercato, si dichiari disponibile ad una valutazione comparativa e chieda agli amici di fare altrettanto, ciascuno nel proprio campo. Più se ne è e meglio è, in quanto non si potrà dire pubblicamente di non avere a disposizione altri fra cui scegliere.  

Una sorta di “disobbedienza civile“, insomma, che aiuti ad aggirare l’aggiramento della legge, che aiuti a rimettere in moto il dovuto rispetto di sacrosanti principi, che soltanto così potranno riprendere il loro corso.

L’opposizione ovviamente svolgerà il suo compito dalla parte della trasparenza, della pubblicità, della libera concorrenza e, soprattutto, dalla parte della non discriminazione verso i “figli di una stessa terra”.

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