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Gli strumenti musicali alla corte del Principe Gesualdo

Nel 2017 l’Amministrazione comunale di Gesualdo commissionò la ricostruzione di alcuni strumenti musicali (un clavicembalo, una chitarra italiana e una chitarra spagnola, un arciliuto e un organo da tavolo), che importanti documenti di archivio attestano come presenti nel Castello cittadino al tempo del principe madrigalista Carlo Gesualdo.

Di qui l’idea di un catalogo che rispondesse ad una pluralità di funzioni e esigenze: documentare l’allestimento di una mostra incentrata sugli strumenti musicali che erano in uso presso la corte gesualdiana, fornire un contributo di scientificità all’approfondimento di un settore considerato rilevante per la storia della musica, concorrere all’avviamento di un polo museale presso il castello di Gesualdo e, si potrebbe aggiungere, porre riparo con ciò ad un “pregiudizio” della storia.È noto infatti che la fortuna attuale di Carlo Gesualdo è derivata in gran parte dal lavoro di riscoperta svolto nella seconda metà del ‘900 dal maestro russo Igor Stravinsky. Questi ripropose la produzione artistica dell’antico principe all’attenzione mondiale con una serie di memorabili 
concerti. Dal 1954 al 1960; sei anni di ricerche, ricostruzioni e sperimentazioni, di conferenze, incontri e confronti, oltre che di esecuzioni magistrali: tutte sfide compiute all’insegna di un gioco pioneristico di scambi ed interferenze tra epoche distanti e personaggi differenti. Su questa scia, nel 1956, Igor Stravinsky giunse per la prima volta nel paese di Gesualdo in Irpinia, in compagnia di Robert Craft e Adriana Panni, convinto di potervi trovare le testimonianze valide per accrescere il proprio desiderio di conoscenza, ovvero le tracce materiali di uno spirito visionario che – tra fine ‘500 e inizio ‘600 – aveva saputo porsi addirittura come ponte verso la contemporaneità.

L’emozione mai celata del viaggio fu temperata dalla delusione, anche questa mai nascosta, di scoprire che il castello del principe (secoli addietro cenacolo artistico, sede di un teatro e di una stamperia, motivo di lavoro per liutai ed altri artigiani della musica) fosse sprovvisto di determinati “reperti”. Tra questi, gli strumenti ad accordatura naturale, non temperata, primo veicolo per intendere – secondo Stravinsky – “la concezione armonica duttile di un’inattualissima arte, postasi come sdegnoso baluardo della pratica antica contro le vie aperte dal Rinascimento”.

Basti questo, allora, per spiegare la soddisfazione editoriale relativa alla pubblicazione del catalogo che, tra i contenuti, annovera altresì meditate scelte grafiche e fotografiche, affidate alle abilità professionali e direttive di Raffaele Villanova e Pasquale Moscillo.

Dal punto di vista grafico è stato creato innanzitutto un logo che, stilizzando il titolo dell’opera, ne esprimesse al meglio la portata. L’iniziale di Gesualdo, una “G” di colore azzurro scuro, è stata tagliata alla base e in obliquo, aggiungendovi (in colore grigio chiaro e a mo’ di prolungamento) una mezza “S”, iniziale della parola strumenti, ricavata in realtà dal capovolgimento della lettera sovrastante. Dunque, il simbolo costruito per rendere omaggio al “dibattito su un periodo di transizione della storia della musica e degli strumenti musicali, di cui Carlo Gesualdo fu consapevole protagonista e profondo innovatore”, evoca una combinazione a specchio o – si direbbe – a parti invertite, riflesso evidentemente delle stesse mescolanze stravinskiane. In generale, poi, il catalogo segue uno stile moderno e dinamico che in parte richiama le tecniche dei magazine: anche questa una decisione grafica ben ponderata che intende veicolare al meglio l’avanguardismo del celebrato personaggio, nel pieno rispetto – s’intende – di consolidati criteri di catalogazione.

La consulenza fotografica ha seguito le medesime linee guida. Gli esemplari strumentali (riproducenti gli originali cinque-seicenteschi che appartenevano alla corte di Carlo Gesualdo) sono stati fotografati soltanto dopo un attento studio delle luci necessarie a risaltarne la pregevole fattura artigianale nonché la qualità elevatissima dei materiali (diversi tipi di legno in diverse lavorazioni, il vetro di Murano, le budella di agnello impiegate per le corde di liuti e chitarre e così via). Le riprese, inoltre, sono state effettuate da diverse angolazioni per soddisfare una varietà di bisogni. Da un lato, allora, le “pose classiche” adatte alla redazione di schede tecniche con tre inquadrature (una frontale, una del retro e un’altra tridimensionale); dall’altro lato, invece, le inquadrature ravvicinate per rimarcare i dettagli di rilievo (disegni ottenuti dall’intaglio del legno, piccole parti di chitarra lavorate al tornio, particolari delle corde dei liuti, minute decorazioni in vetro o in avorio, lo stemma del casato gesualdiano riprodotto sull’organo e sul clavicembalo). Non si è trascurato, tuttavia, di fotografare gli strumenti anche all’interno del contesto ambientale, secondo una prospettiva più propriamente artistica.

Finalità ultima della missione editoriale: sostenere con ogni mezzo il ruolo chiarificatore di studiosi, ricercatori e specialisti; facilitare l’apprendimento di importanti dati tecnici, stilistici ed estetici; governare stratificazioni storiche complesse, muovendosi nell’ambito di un mercato innovativo della conoscenza.

                                                                                  (Riproduzione riservata©)

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